Formazione in Aromaterapia

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Esplora l'Aromaterapia Autentica: 

Percorsi di Formazione Avanzata

Divulgazione oltre i Luoghi Comuni

Scopri la potenza dell'aromaterapia scientifica, dell'aromacologia olfattiva e le applicazioni pratiche per il benessere personale e l’utilizzo professionale. 

Unisciti a noi in un viaggio di scoperta e crescita, dove la passione per gli oli essenziali incontra il rigore scientifico e la profondità dell'esperienza. 

Offriamo percorsi di formazione unici, pensati per chi desidera esplorare l'aromaterapia in tutte le sue sfaccettature, dalle basi scientifiche alle applicazioni più avanzate.

I nostri corsi vanno oltre la semplice divulgazione commerciale, approfondendo la chimica degli oli essenziali, le loro interazioni con il corpo e la mente, le antiche tradizioni che ne hanno plasmato l'utilizzo e le conoscenze della chimica e della biochimica moderna.

Che tu sia un principiante curioso o un professionista esperto, troverai percorsi di apprendimento stimolanti e rigorosi, tenuti da una docente preparata ed esperta del settore.

A breve pubblicheremo l'elenco dei nostri prossimi appuntamenti, seguici!

Breve storia dell'aromaterapia

A cura di Patrizia Sanfilippo

Utilizzate per diversi scopi da millenni, le piante aromatiche sono sempre state tenute in alta considerazione dai terapeuti del mondo intero.

All’inizio erano utilizzate tal quali o sotto forme di infusioni o decotti. In seguito vennero bruciate, o ancora messe a macerare in un olio vegetale. Solo più tardi nasce il concetto di olio essenziale estratto per distillazione ed è solo in epoca moderna che le tecnologie hanno permesso di identificare i componenti degli oli essenziali e delle relative concentrazioni, per spiegare le attività fisiche, biochimiche, terapeutiche e infine elettroniche degli aromi vegetali.

In Australia, Cina, India, in Egitto così come in tutto il bacino del Mediterraneo, l’uomo, fin dagli albori della storia, ha messo a profitto le proprietà delle molecole aromatiche per contrastare le malattie, per curare le ferite, per la conservazione degli alimenti, per produrre vini medicamentosi, per i massaggi, per la bellezza e la fabbricazione di profumi, per  per pratiche magiche e i rituali religiosi. Queste sostanze hanno dunque fatto parte per millenni della quotianità di molti popoli, in gran parte del mondo.

 In Egitto sostanze aromatiche sono state usate per la mummificazione; per gli antichi egizi - sottolinea Ali Abdelhalim, direttore del Museo egizio del Cairo - la mummificazione era un'importante pratica mortuaria volta a preservare il corpo e l'anima per l’aldilà attraverso un rituale dettagliato di imbalsamazione del defunto, che veniva avvolto in oli, cere e balsami.

storia dell aromaterapia

I corpi mummificati dell'antico Egitto hanno un odore legnoso, dolce e speziato. A questa curiosa conclusione giunge uno studio, pubblicato sul Journal of the American Chemical Society, condotto dagli scienziati dell'University College di Londra e dell'Università di Lubiana, e di una serie di istituti ed enti di ricerca in Egitto, Slovenia, Polonia e Regno Unito. Gli odori, spiegano gli esperti, dipendono dalle molecole chimiche sospese nell'aria emesse da una fonte. Il gruppo di ricerca ha utilizzato un gascromatografo e uno spettrometro di massa per misurare e quantificare le sostanze chimiche emesse da nove antichi corpi mummificati egiziani esposti e conservati nel Museo egizio del Cairo. Un team di annusatori addestrati ha poi descritto gli odori in termini di qualità, intensità e piacevolezza.

Resine come Pino e Cedro, comunemente utilizzate nel processo di imbalsamazione per le loro proprietà conservanti, spezie aromatiche come Cannella e Cumino, non solo conferivano fragranza e potere conservativo grazie alle loro proprietà antinfettive, ma avevano anche un significato simbolico nei rituali funerari egizi. L'olfatto era un fattore chiave per gli antichi egizi, perché gli odori gradevoli erano associati alla purezza dell'anima.

maschera della pesteIn tutta l’Europa medievale le erbe e gli oli aromatici svolsero un ruolo importante per evitare i contagi e i cattivi odori. Era usanza mettere vicino ai vestiti dei sacchetti contenenti piante aromatiche. La lebbra, il vaiolo e la peste venivano combattuti con fumigazioni di mirra o di chiodo di garofano; La “maschera della peste” veniva usata da dottori e chirurghi come uniforme medica per proteggersi dal morbo quando andavano a visitare i malati di peste.

La maschera copriva il viso con un ovale in cui si aprivano due fori tondi, all’altezza degli occhi. Nella parte inferiore del viso, si allungava un poderoso naso adunco, a mo’ di grosso becco. Sui lati del “becco”, erano praticati due tagli orizzontali, per far passare l’aria. Il becco veniva poi riempito di erbe aromatiche, così da filtrare e purificare l’aria respirata dal Medico della Peste per evitare il contagio.

Con l’avvento dell’era industriale e della chimica di sintesi, considerati sinonimi di progresso, questi strumenti vennero via via abbandonati dai ricercatori dell’epoca , mentre oggi, anche grazie ai numerosi studi scientifici che ne attestano le numerose proprietà terapeutiche, stanno tornando prepotentemente alla ribalta.

R. M. GattefosséLa Francia occupa da molto tempo il primo posto nella storia moderna dell’Aromaterapia. Il termine “Aromaterapia” fu coniato nel 1928 da R.M. Gattefossé. Un celebre aneddoto ci racconta che il chimico lionese si ustionò gravemente una mano in occasione di una esplosione che occorse nel suo laboratorio; d’istinto tuffò le mani in un contenitore che conteneva dell’olio essenziale di Lavanda (spica?), ottenendo in questo modo una guarigione rapida, senza infezione né tracce di cicatrici. (Ricordiamo che gli antibiotici non erano ancora in commercio e che gli ustionati morivano spesso a causa di sovrainfezione). In seguito a questa esperienza Gattefossé iniziò un intenso percorso di studi sugli oli essenziali, e fu il primo a dimostrare la relazione struttura/attività dei componenti aromatici e a metterla in relazione alle loro incredibili proprietà, profetizzando che in futuro si sarebbe riconosciuto un ruolo di primo piano a questi strumenti in campo salutistico, ed è quello che sta succedendo ora. Nel 1928 pubblicò il suo libro l’Aromaterapia, dando così un nome e un fondamento scientifico a una pratica applicata da millenni; i suoi studi vennero seguiti e ampliati da farmacisti, medici e veterinari dell’epoca, (Sevelinge, Lapraz, Duraffourd, d’Hevincourt, Belaiche) che effettuarono dei lavori di approfondimento sull’attività antinfettiva delle sostanze aromatiche, pubblicando via via i risultati delle loro scoperte.

J. ValnetInteressante fu anche l’esperienza di Jean Valnet (1920/1995), medico e chirurgo dell’esercito francese, che durante la guerra in Indocina, in mancanza di medicinali, curò i soldati feriti con delle sue scorte di oli essenziali, ottenendo risultati insperati. Da quel momento divenne fautore degli oli essenziali come alternativa naturale ai farmaci. A lui si deve il perfezionamento del cosiddetto aromatogramma, un esame di laboratorio che, come l’antibiogramma quali-quantitativo, ci indica in laboratorio rispettivamente gli aloni di inibizione e dati precisi di sensibilità come le minime concentrazioni inibenti (MIC) e le minime concentrazioni battericide (MBC) in fase di primo approccio microbiologico.

Stiamo parlando di Aromaterapia ma per arrivare a parlare di Aromaterapia Scientifica manca ancora un tassello la cui importanza richede capitolo a sé.

Le piante aromatiche

le piante aromatiche

Gli oli essenziali sono al centro dell'attenzione negli ultimi anni, ma le piante che li producono spesso rimangono nell'ombra. Tra le circa 500.000 specie vegetali presenti sulla terra, le piante aromatiche rappresentano solo il 10% e nonostante la grande varietà delle specie aromatiche, solo poche centinaia producono abbastanza essenze da essere estratte sotto forma di olio essenziale.

Associamo all’idea di piante aromatiche quelle da sempre usate in cucina per la conservazione e l’assimilazione del cibo: l’idea ci rimanda al bacino del mediterraneo, ai nostri orti (lamiacee)… ma non sono solo queste. Esse sono state raggruppate in famiglie botaniche. La famiglia riunisce un gruppo di generi apparentati:

  • LAMIACEE: Rosmarino, Salvia, Menta, Lavande
  • LAURACEE: Ravintsara, Cannelle, Alloro…
  • MIRTACEE : Eucalipti, Chiodi di Garofano, Melaleuche, Mirti…
  • ASTERACEE: Camomille, Elicriso, Tanaceto…
  • POACEE: tipiche dei climi tropicali, piante esotiche come Citronelle, Lemongrass
  • APIACEE: Anice, Levistico, Finocchio, Sedano
  • ABIETACEE: Pini, Cedri, Abeti…
  • RUTACEE: Agrumi

Ogni pianta crea un'essenza unica la cui composizione varia a seconda del suolo, del clima e della parte di pianta utilizzata (concetto di organo produttore di cui vi parlerò prossimamente); la pianta esprime le molecole aromatiche in base ai suoi bisogni di adattamento all'ambiente, per favorire la sua sopravvivenza e il suo sviluppo, una forma di "intelligenza vegetale".

Queste piante contengono piccole ghiandole piene di essenze  che agiscono come un'armatura, proteggendo la pianta da parassiti, infezioni, dai danni da eccessiva radiazione solare e dagli insetti nocivi, eccetera. Per contro i loro profumi servono ad attirare gli insetti impollinatori al fine di perpetuarne la riproduzione, e si evoca anche la possibilità che queste essenze servano alle piante per comunicare tra di loro, creando così una "rete sociale" vegetale.

Non ultimo, mimando il meccanismo della gluconeogenesi, in assenza di luce le essenze possono venir impiegate dalla pianta per il proprio sostentamento in caso di fotosintesi deficitaria. Parliamo dunque di riproduzione, difesa, comunicazione e riserva alimentare.

Magico mondo vegetale aromatico!

Le piante aromatiche nella saggezza popolare

Ecco qualche esempio del nostro passato recente e del nostro presente che contempla l’uso di piante aromatiche a scopi salutistici. La scienza non aveva ancora validato le proprietà antinfettive di alcune molecole, ma la saggezza popolare non si fermava certo di fronte a questo! D’altra parte, le mele cadevano dagli alberi anche prima che Newton scoprisse la legge di gravità.

aceto dei quattro ladroniDurante l'epidemia di peste che colpì Tolosa nel 1630, una banda di ladri usava depredare moribondi e case di appestati, esponendosi quindi al contagio, senza contrarre la malattia. Arrestati dopo molte scorribande, interrogati in proposito, confessarono di aver usato una macerazione in aceto di piante aromatiche, di averne cosparso le parti di pelle esposte, di aver respirato attraverso un panno imbibito di tale intruglio, ribattezzato per questo "Aceto dei 4 ladri'” o dei “4 ladroni”.

La storia si ripete nel 1720, quando la città di Marsiglia viene colpita dalla grande peste. Un altro gruppo di banditi usa la stessa ricetta per depredare le vittime. La preziosa ricetta venne infine rivelata al grande pubblico e poi registrata nella farmacopea nel 1748. Fino al 1884, i farmacisti la prescrivevano come antisettico naturale per uso esterno.

Ancora adesso commercializzato da alcune aziende come prodotto erboristico, attraversando i secoli, l’"aceto dei 4 ladroni" contribuisce ancora oggi a rafforzare le difese naturali e a combattere i microrganismi nocivi, grazie alla sua composizione ricca di piante e spezie dalle proprietà antisettiche, antibatteriche, fungicide e antiparassitarie. Cannella, Menta, Lavanda, Rosmarino, Chiodi di Garofano, Salvia, Timo, Noce moscata… La farmacia nell’orto e in dispensa! Esso viene spesso utilizzato a scopo preventivo prima dell'inverno per rafforzare il sistema immunitario contro le malattie stagionali.

vin bruléUn altro rimedio popolare al quale si fa ancora ricorso è il famoso Vin Brulé. Le origini di questo vino caldo sono molto antiche e anche le ricette sono cambiate nel tempo. Questa bevanda calda risale all'antica Grecia per arrivare fino ai Romani che la denominarono conditum paradoxum.

Una delle prime testimonianze del vin brulè risale ad Apicio che nel "De re Coquinaria" (L’arte culinaria) racconta di un vino scaldato e aromatizzato con spezie. Solitamente si usava il pepe e veniva dolcificato con miele. Si pensa che l'introduzione della cannella nella preparazione del vin brulè sia collegata al medico Ippocrate, un grande sostenitore delle proprietà mediche delle spezie. Secondo lui, le spezie avevano proprietà lenitive, disinfettanti e il vino risultava quindi corroborante.

Il vino caldo con le spezie e zucchero si diffuse in tutta Europa e cominciarono a nascere differenti ricette, tipiche di ogni regione in base ai prodotti ed ai gusti locali. In Inghilterra viene nominato mulled wine, in Francia vin chaud, in Germania gluhwein e nei Paesi Scandinavi glogg. Non esiste una singola ricetta vin brulè perchè essendo una bevanda tipica di più regioni, ogni paese ha dato vita alla propria ricetta in base ai propri gusti e i frutti del territorio.

Solitamente gli ingredienti utilizzati per la ricetta del vin brulé, sono, ovviamente oltre al vino, lo zucchero, la cannella, l'anice stellato, i chiodi di garofano, scorze d'agrumi, zucchero e bacche di ginepro. Tutti questi ingredienti vengono messi a riscaldare a fuoco lento senza far mai bollire; a fine cottura il vino viene infiammato con un bastoncino di legno infuocato per permettere l’eliminazione di un po’ di alcol. Ci troviamo quindi di fronte a una macerazione di piante aromatiche in alcol e zucchero (curiosamentegli oli essenziali sono solubili in alcol, grassi e, in minor misura, zuccheri.)

Buono, anzi buonissimo, e chissà quante volte l’abbiamo bevuto senza soffermarci a riflettere ed accorgerci che tutte queste piante forniscono oli essenziali appartenenti alle famiglie biochimiche dei monoterpeni, delle aldeidi aromatiche, dei fenoli, degli eteri… tutte famiglie implicate nella risposta immunitaria nonché antibatteriche e antivirali. Un caso?

Dall’aromaterapia all’aromaterapia scientifica: un piccolo grande passo

Dalla fine del secolo scorso gli esperti in Aromaterapia, in collaborazione con diversi medici, farmacisti e biologi, studiano e intraprendono ricerche in Aromaterapia. Queste ricerche dimostrano innanzitutto un’evidenza scientifica: gli oli essenziali non sono prodotti semplici, ma assemblaggi di molecole diverse dotate di proprietà diverse. Questa prima evidenza non è affatto priva di importanza, in quanto la mancata o incompleta conoscenza in questo campo può portare a confusione ed aberrazioni.

L’avvento della tecnologia (cromatografia e spettrometria di massa) ha permesso di identificare con precisione le molecole e le relative concentrazioni presenti nell’olio essenziale a seconda della pianta scelta per la distillazione, mettendo fine agli incidenti conseguenti ad un errato utilizzo degli stessi.

cenni storici aromaterapia

Bisogna innanzitutto evitare  imprecisioni nella definizione botanica della pianta d’origine; bisogna infatti sapere che esistono centinaia di specie di “Eucalyptus”, da cui derivano oli essenziali diversi sotto il profilo biochimico, con proprietà diverse e diverse indicazioni (e controindicazioni). Per trattare un’infezione dell’apparato respiratorio, ad esempio, sarà necessario rivolgersi a una specie che contenga alcoli dalle proprietà antinfettive, come nel caso dell’Eucalyptus radiata o dell’Eucalyptus globulus, mentre si utilizzasse ad esempio l’Eucalyptus citriodora non ci si potrebbe aspettare alcun beneficio al riguardo.

definizione botanica genere specie

Penoël e Franchomme, nel corso delle loro ricerche, hanno aggiunto un ulteriore tassello fondamentale: la nozione di chemotipo, o chemiotipo o “razza chimica”. Accade infatti che alcune piante, che hanno imparato ad adattarsi in territori anche molto diversi, esprimano le molecole che sono loro funzionali proprio in quei territori;  per questo motivo ritroveremo queste stesse molecole nei loro oli essenziali.

Il Thymus vulgaris, per esempio, presenta un certo numero di chemotipi a seconda di quale sia il suo biotopo (ambiente naturale). In questo caso la stessa pianta, le stesse foglie, gli stessi fiori, sono capaci di sintetizzare componenti diversi come se si trattasse di piante diverse. A titolo di esempio, il Thymus vulgaris CT (abbreviazione di chemotipo) timolo è un potente antinfettivo ma presenta un’importante dermocausticità ed un rischio di epatossicità se assunto a dosi elevate nel lungo periodo; per contro il Thymus vulgaris CT tujanolo, anch’esso antinfettivo, non solo non si dimostra aggressivo sulla pelle ma presenta anche un’azione rigenerante sulle cellule epatiche, una proprietà addirittura opposta! Non si parli più dunque di Timo rosso, Timo bianco ecc.: quello che distingue questi oli è la composizione biochimica, non il colore!

thimus vulgaris

La mancata conoscenza di queste premesse relega coloro che si cimentano con la materia a un ruolo pre-scientifico mentre l’Aromaterapia Scientifica apre alle medicine naturali una nuova via verso il riconoscimento del suo interesse, del suo valore e della sua grande utilità per la salute umana.

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